domenica 10 ottobre 2010

Inflazione ferma a livelli trascurabili? una falSa presunzione. Lettera Anesti Settembre 2010

Giovanni III Sobieski, il re di Polonia che i testi storici indicano come colui che il 12 Settembre 1683, accorso in aiuto di Leopoldo d’Asburgo a Vienna assediata dai turchi, arrestò con una brillante manovra militare l’avanzata delle truppe ottomane sotto le mura di Vienna salvando la Cristianità, quel che rimaneva del Sacro Romano Impero e la casata austriaca degli Asburgo, così magnificava in uno scritto le doti personali del Duca Carlo V di Lorena (cfr John Stoye, Magdalen College Oxford “L’assedio di Vienna” ed. Il Mulino 2009 pag 50) “ha il portamento non di un mercante o di un italiano, ma di persona di qualità” a voler dire del giusto compendio caratteriale del personaggio né troppo dimesso e untuoso né troppo pieno di sé al limite del ridicolo.

Sono passati oltre trecento anni da quando fu redatto quel commento ma se Sobieski avesse oggi la possibilità di riesaminare il profilo caratteriale dell’italiano medio non troverebbe più riscontri al suo frettoloso e, probabilmente già all’epoca, superficiale giudizio. Sarà perchè come scriveva Ausonio “Cunctis sua displicet aetas” tutti biasimano il loro tempo presente, ma la stragrande maggioranza della popolazione italiana vive questo momento storico con grande sgomento e preoccupazione. Semmai il difetto degli italiani non è tanto la prosopopea ma il protratto attendismo di eventi al di fuori della loro portata che possano autonomamente risolvere anche i loro problemi.

Assieme al Giappone l’Italia è infatti, come noto, uno dei due paesi al mondo con il più alto rapporto debito pubblico PIL, rapporto oltretutto in costante ascesa. E’ questo, a detta del Fondo Monetario Internazionale, uno dei motivi –non l’unico- del suo bassissimo ritmo di crescita che deriva anche dalla impossibilità di usare la politica fiscale come efficace strumento di politica economica per rilanciare l’economia “The two advanced countries with the highest levels of public debt—Japan and Italy—have both experienced slow growth during the past decade. Moreover, high debt will prevent fiscal policy from playing a countercyclical role in the future”cfr Fiscal Challenge Next For Policymakers IMF Survey online October 14, 2009. Ma la politica fiscale è solo una delle componenti (per fortuna non l’unica) della politica economica. Altre leve andrebbero attivate se si vuole rilanciare l’economia.

La speranza –cullata da molti italiani- che per moto spontaneo e ineluttabile la crescita possa sgorgare impetuosa come una sorgente miracolosa da una concomitanza di fattori che traggono alimento da una ipotetica ripresa internazionale, senza adeguate misure di politica economica a livello interno, è priva di riscontri; anzi l’uscita dalla crisi, come oramai tutte le più autorevoli fonti stanno affermando, si sta facendo nelle varie aree economiche sempre più lunga e faticosa.

A Dicembre del 2009 (cfr Bloomberg 16 Dicembre 2009) si leggeva che il Presidente della Banca Centrale Europea era sul punto di ritirare alcuni dei sostegni sino ad allora forniti alle banche e (per fatto traslativo) all’economia, per uscire dalla crisi essendo finita la fase di emergenza “President Jean-Claude Trichet said Dec. 10 that market conditions are “stable enough” to allow the ECB to withdraw some of the emergency measures introduced to fight the financial crisis.”Appena dieci mesi dopo, ossia nel Settembre 2010, così scrive ora il Financial Times: “nel Giugno 2009 la BCE dopo ripetuti interventi ha concesso alle banche europee ulteriori linee di credito con scadenza a 12 mesi per un totale di 442 miliardi di €, l’ammontare più alto mai immesso nel sistema in una singola operazione dalla BCE…..Nel Giugno di quest’anno quando i fondi prestati sono venuti a scadenza i dati della BCE mostrano che i prestiti in essere ancora accordati nel loro complesso sono diminuiti…tuttavia mentre quelli a suo tempo concessi alla Germania e all’Austria sono scesi in modo consistente, nei paesi “periferici” della Unione Europea quali Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda il debito verso BCE è rimasto stabile quando non è addirittura aumentato (cfr FT September 14 2010 pag 29 “Fears grow over banks addicted to ECB funding). Al riguardo, vedasi anche il commento della Reuters : FRANKFURT, Sept 24 (Reuters) - The European Central Bank's patience with commercial banks' addiction to central bank funds is wearing thin, but it is not yet in a position to force banks to go cold turkey….. The ECB has already phased out its 6- and 12-month liquidity operations, and said in March it would move to auctions in 3-month operations, but was forced to go back to full allotment due to the renewed market tensions.

E che la situazione sotto il profilo del rischio non solo bancario ma anche sovrano (quello cioè che riguarda la solvibilità degli stati) non sia affatto migliorata lo afferma anche il FMI che nella sua Review of the Adequacy of the Fund’s Precautionary Balances pubblicata il 24 Agosto scorso sottolinea l’aumento dei pericoli di mancato rientro di alcuni dei prestiti concessi e la necessità di portare le riserve a presidio di tali rischi a 15 miliardi di SDR (special drawing rights) dai 10 attualianche in considerazione dell’aumentato volume di prestiti concessi dal Fondo a vari paesi durante la crisi (“Credit risks have increased sharply as the Fund has responded to the crisis. Overall, actual or potential credit exposures have doubled or, on some measures, almost quadrupled since the last review. Despite the return to positive net income, precautionary balances remain well below the SDR 10 billion target first established in 2002…..Under the proposed new framework, the target would be maintained within an initial range of 20–30 percent of credit outstanding…..Based on the new framework, staff proposes that the precautionary balance target be increased to SDR 15 billion. This corresponds to the mid-point of the SDR 12–18 billion range under the proposed new framework and would reflect the sharp increase in Fund lending and commitments during the crisis”).

Oltre Atlantico, negli Stati Uniti –dopo mesi di dibattito interno- la Federal Reserve, visto il permanere di un elevato tasso di disoccupazione fermo al 9,6% nonostante le misure precedentemente adottate per ridurlo, si sta preparando ad aprire le porte ad una dose super massiccia di acquisti di obbligazioni del Tesoro americano immettendo ulteriore liquidità (si parla di 1.000 miliardi di $) nel sistema (la cosidetta Quantitative Easing fase 2) cfr “Treasury bulls bet on deflation and a ride on QE2” Financial Times September 23 2010.

Continuando il nostro excursus sulla corrente situazione economica intorno al mondo apprendiamo infine che in Cina i consumi di prodotti petroliferi (Agosto 2010 su Agosto 2009) sono sì cresciuti nell’anno ma sono in calo quelli relativi all’ultimo bimestre (Luglio-Agosto 2010) rispetto ai consumi del Giugno, segno questo che l’economia cinese sta cominciando a subire gli effetti di un qualche rallentamento, che nel caso specifico è difficile da giudicare e capire se rappresenti o meno una stabile inversione di tendenza o un semplice fattore momentaneo di raffreddamento (cfrChina's oil demand this year continues to be something of a puzzle. Recent expectations had been that demand growth was likely to taper off during the remainder of 2010 as Beijing attempted to cool the country’s economy. But the latest data for August has something for both the bulls and the bears. Apparent demand -- refinery throughput plus net product imports -- of 8.418 million b/d was up by 8.7%, or roughly 670,000 b/d year-on-year, but also the second month-on-month fall in a row” Da Petroleum Intelligence Weekly Monday, September 27, 2010).

Premesso quanto sta accadendo nelle principali aree economiche mondiali, una opera di rilancio richiederebbe energici interventi di politica economica e non solo monetaria, interventi che stentano ad intravedersi. Il punto nodale della prevalente inattività corrente dei governi di molti paesi è la falsa presunzione che l’inflazione sia ferma a livelli trascurabili. Muovendo da questo assunto si tarda ad intervenire e si continua (ciascun paese lo fà) ad immettere dissennatamente liquidità nel sistema globale senza affrontare le cause reali della crisi riconducibili da una parte ad una struttura dei mercati finanziari inadeguata alla ripresa, dall’altra ad una inefficiente distribuzione del reddito che penalizza le classi che avrebbero la maggiore propensione ai consumi individuali.

Falsa presunzione perché negli anni il prezzo di molte materie prime a cominciare dal petrolio è aumentato drasticamente. I corsi di uno dei metalli di riferimento (il rame) è balzato negli ultimi anni da 3.000 ai circa 8.000 $ attuali a tonnellata; fortemente aumentati sono anche i prezzi dello zinco, del cotone, dello zucchero, del cacao, del frumento e di tante altre materie prime che hanno subìto dei rincari fortissimi sulle borse mondiali dove sono quotate. Eppure –con l’eccezione della Cina dove l’inflazione è salita il mese scorso al 3,5% - gli effetti visibili di questi aumenti sul costo della vita nei paesi sviluppati sinora non ci sono ancora stati. Ma quanto durerà questo limbo della stabilità dei prezzi al consumo bei beni finiti e chi (settori e classi sociali) prevalentemente colpirà la molla dei rincari attualmente caricata al massimo quando verrà rilasciata ? Sembra che l’argomento interessi pochissimo soggetti quali policy makers, stampa specializzata, economisti (cfr Gideon Rachman, Financial Times del 7 settembre 2010 “Sweep economists off their throne”

Il sistema economico mondiale è ancora nelle mani di coloro che lo hanno precipitato nella crisi più profonda e lunga dal 1929. La situazione è così folle che la Cina che ha 2.500 miliardi di dollari di riserve valutarie le tiene investite in larga parte in obbligazioni del Tesoro Usa per evitare che convertite in Renminbi e utilizzate in patria provochino un rovinoso eccesso di liquidità e una spirale inflazionistica fuori controllo. La quota rimanente di riserve non investita al di fuori del paese costa ai cinesi, sempre per tener in parte sotto controllo l’inflazione, una cifra stimabile in 40 miliardi di dollari all’anno (cfr The Short View, James Mackintosh, FT September 28 2010 pag 15); la Cina è infatti costretta a pagare sulle obbligazioni da lei emesse per assorbire questo eccesso di riserve valutarie un differenziale variabile fra l’1,5% e l’1,65% sul rendimento corrente del dollaro. Se non fosse sottratta al mercato questa liquidità concorrerebbe anch’essa a far esplodere l’inflazione interna.

Domanda. Per quanto tempo si potrà andare avanti in questo modo ignorando l’enorme potenziale inflazionistico che si è andato accumulando nel mondo e per quanto tempo si potrà stare alla finestra scaricando sui livelli di disoccupazione dei paesi sviluppati il peso di tener temporaneamente ferma la molla della inflazione ? Sobieski vince a Vienna per una manovra diversiva concordata con Carlo di Lorena ma anche e soprattutto perché il suo avversario turco Kara Mustafà non ne anticipa le mosse lasciandogli occupare i rilievi di Wienerwald a nord di Vienna. In economia come nella storia si può non essere indovini ma bisogna sempre essere preveggenti.

EUTIMIO TILIACOS

1 commento:

avvisatore ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.